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Violenza di Genere e Giustizia
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Violenza di Genere e Giustizia
Torniamo a parlare di violenza di genere.
Come avevamo già visto in precedenza il problema è culturale.
Torniamo ad interrogarci su quella che ormai è diventata la normalità, e vorremmo approfondire le cause. In primis c’è la scarsità nelle denunce, dovuta a molteplici fattori, le vittime spesso non vengono credute o addirittura incolpate, e in alcuni casi, come per lo stalking, si sentono dire che le forze dell’ordine non possono fare nulla.
Ma cosa succede quando le denunce vengono prese in carico, quando i reati vengono perseguiti?
In un mondo ideale diremmo che viene fatta giustizia, ma la realtà spesso è ben diversa.
Negli anni abbiamo visto come vengano giustificati o minimizzati atti gravissimi. Certo non si può generalizzare, ma viviamo in un epoca in cui la magistratura spesso non può o non vuole condannare severamente i reati, dalla violenza al femminicidio.
Ci troviamo di fronte ad un susseguirsi di sentenze vergognose, che purtroppo non sono eccezioni o casi isolati ma la norma delle vicende giudiziarie.
Lo vediamo nel caso del procuratore di Firenze, accusato di molestie sessuali nei confronti di una collega di Palermo, accusa che il Comitato disciplinare del Consiglio superiore della Magistratura ha ritenuto vere, ma è stata “punita” con solo la perdita di due mesi di anzianità.
Nelle assoluzioni, come nel caso di Busto Arsizio.
in cui l’imputato è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale che non sussisteva poiché la vittima ha impiegato, secondo le giudici, un tempo troppo lungo a reagire.
Oppure nell’assoluzione in appello, dopo la condanna in primo grado, di un ragazzo accusato di stupro, perché la vittima aveva lasciato la porta del bagno socchiusa e secondo il giudice quello costituiva un “invito ad osare”
Come questi, tanti, troppi altri casi, figli di una società che mira a colpevolizzare le vittime non a punire i colpevoli. Le vittime continuano ad essere osservate con la lente di una cultura moralista e misogina. “Era ubriaca”, “la gonna era troppo corta”, “l’atteggiamento era invitante” etc, etc.
I dati sui femminicidi non sono troppo diversi, la rivista online Sistema Penale, riporta alcuni dati della Relazione su «La risposta giudiziaria ai femminicidi in Italia. Analisi delle indagini e delle sentenze. Il biennio 2017-2018» redatta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. In particolare “In relazione agli esiti del procedimento penale, vi sono tre aspetti che meritano di essere messi in rilievo. Nel 37% dei casi è stata disposta l’archiviazione, principalmente in ragione della morte del reo (73% delle archiviazioni): si tratta di un dato che è strettamente collegato con l’alto tasso di suicidi realizzati dagli autori di questi omicidi (34,9%). Nella stragrande maggioranza dei procedimenti (81,2%), l’imputato ha scelto il rito abbreviato; una scelta che si lega all’elevata percentuale di autori di reato che hanno riconosciuto le proprie responsabilità (64%). Si rileva, infine, che nelle sentenze di condanna (ossia l’81,5% del totale) la pena più frequentemente inflitta è inferiore a 20 anni, a fronte del riconoscimento, in un terzo dei casi, di circostanze attenuanti [p. 33 e ss.].”
Dobbiamo chiederci, è giustizia questa?
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