È più che noto, ormai da molto tempo, il progresso della tecnologia, che con grande velocità ha rivoluzionato le abitudini della vita della popolazione mondiale, con molti accessori divenuti indispensabili. Tralasciando in questa sede l’aspetto dirompente del tormentoso utilizzo di queste modernità, trasformato con leggerezza in ossessione in molti casi, oggi vogliamo concentrarci sulla prospettiva utile e vantaggiosa che, con il giusto impiego, possono offrire questi prodotti. Molti di questi oggetti (considerabili arnesi di fantascienza per le comunità di non molti decenni fa) riescono ad aiutare e facilitare enormemente le attività da svolgere per ciascun cittadino e oggi riportiamo, quella che riteniamo, una novità molto importante, riguardante un tema che ci sta sicuramente a cuore.
Recentemente è stato consegnato a Napoli ad una donna di 36 anni il primo di 45 nuovissimi dispositivi che possono realmente salvare la vita di donne in situazioni di difficoltà. Si tratta di uno smartwatch rivoluzionario, che attraverso un’azione semplicissima e, soprattutto, rapida (basta solo premere un tasto), si trasmette una comunicazione di emergenza direttamente alla Centrale Operativa dell’Arma dei Carabinieri, la quale, grazie alla geolocalizzazione dell’orologio, può prontamente intervenire. Da un punto di vista della privacy, certamente si possono nutrire dei dubbi. A nessuno piace offrire ininterrottamente l’informazione della propria posizione geografica, ma per circostanze delicate, come quelle in cui purtroppo molte donne sono costrette a vivere, la rinuncia di questa determinata caratteristica della privacy ci appare più che accettabile. Considerando soprattutto l’alternativa. Riportiamo come esempio proprio qualche dettaglio della storia della donna che ha ricevuto lo smartwatch, mamma di due minori, costretta per lungo tempo a vivere reclusa, nella paura, a causa delle intimidazioni dell’ex compagno, che l’ha minacciata più volte di ucciderla o di sfregiarla con l’acido. Condurre la propria quotidianità con questo tipo di angoscia non è accettabile, ma purtroppo il fenomeno della violenza sulle donne fatica a placarsi. Iniziative come questa forse non riusciranno a risolvere il problema, ma promuoviamo con entusiasmo la volontà di combattere l’ingiustizia che ancora impazza per le strade del nostro Paese. A tal proposito ci preme riportare un triste dato statistico, che ci fa notare che, nonostante siano registrati meno omicidi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, da 57 a 56 (considerando dal 1 Gennaio al 1 Marzo), i femminicidi non sembrano essere diminuiti.
Proprio a causa di queste spiacevoli conferme, crediamo che iniziative come questa possano aiutare e dare più sicurezza ad una donna che si è finalmente riaffacciata ad uno stile di vita più ordinario, che ha potuto così riconquistare le sue facoltà di cittadina. Il progetto, sotto il nome di Mobile Angel, è stato avviato grazia alla collaborazione tra l’Arma dei Carabinieri di Napoli, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist International Club Napoli. Il programma avanza anche l’iniziativa Una stanza tutta per sé (prendendo spunto dal titolo della famosa opera di Virginia Woolf), che offre, con sedi in tutta Italia, un ambiente protetto, in cui le donne possono denunciare maltrattamenti e atti persecutori subiti, sia di tipo fisico, che psicologico. Dalla città partenopea l’iniziativa sarà diffusa anche a Milano e Torino.
La battaglia contro la violenza sulle donne non è sicuramente semplice da gestire, ma con il contributo di tutto ciò che si può mettere in campo (le istituzioni, la tecnologia, l’intraprendenza, etc), il problema si può attenuare probabilmente, ma occorre sicuramente la partecipazione di tutti, per restituire alla donna i suoi inalienabili diritti di cittadina. Progetti, come questo, ci sembrano certamente un passo nella giusta direzione.
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