In Qatar, il 20 Novembre, sono partiti i Mondiali di calcio. Le polemiche intorno all’evento erano partite già da molto prima che iniziassero ufficialmente, date dai progetti e dai lavori di costruzione degli impianti che avrebbero ospitato il torneo. Secondo diverse organizzazioni dei diritti umani, tra cui Amnesty, hanno registrato non solo le condizioni disumane subite dai lavoratori, con ore esagerate e paghe bassissime, ma anche molti decessi attribuibili alle opere di costruzione. Si continua a parlare di assenza dei diritti dei lavoratori, tuttavia non c’è un dato ufficiale e il paese smentisce.

Dall’inizio ufficiale invece le proteste si sono rivolte verso i diritti umani. 

Dall’intenzione di alcune squadre di manifestare il proprio supporto verso la comunità LGBTQ+ , (l’omosessualità è illegale nel paese), indossando una fascia arcobaleno con la scritta One Love. che è stata velocemente vietata dalla Fifa, al grande gesto di dissenso da parte della nazionale dell’ Iran che si rifiuta di intonare l’inno del paese, in solidarietà alle proteste contro il regime che imperversano, da mesi ormai, su tutto il territorio. Come riportato da varie fonti, molti dei tifosi iraniani presenti durante la partita hanno sostenuto la mossa della squadra, che si è fatta portavoce della protesta in campo internazionale. Da sempre si ritiene che lo sport debba unire e non dividere, e se in questa occasione fra i giocatori abbiamo riscontrato spirito di solidarietà e tanta volontà di sostenere i diritti umani c’è da chiedersi perché ancora a livello amministrativo non venga data una risposta chiara con la sola intenzione di scendere a compromessi tra princìpi umani ed economici.