Lucio Dalla, tra verità e sorrisi

“E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”.

Queste le parole della canzone “4/3/1943”, portata da Lucio Dalla al Festival di Sanremo nel 1971. Per la precisione, in realtà qui abbiamo riportato la versione censurata della canzone, che era nata precedentemente col titolo ‘Gesubambino’ e che presentava quindi in questa parte del testo la versione: “E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino”. Le modifiche sono state apportate dall’autore per presentare la canzone al Festival (cambiandone quindi anche il titolo, optando per la data della sua nascita).

Già da questo breve esempio, si può evincere la natura pittoresca di un cantautore che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica italiana, offrendo agli appassionati (nostrani e non) dei capolavori assoluti in termini letterari, per l’impegno sociale e culturale, ma spesso anche puramente poetico, intrapreso nella stesura di alcuni dei suoi magnifici testi e delle musiche spesso ricercate e variegate che accompagnavano.

Nato dunque il 4 marzo del 1943, Lucio Dalla crebbe, dopo aver frequentato la scuola di Treviso, nel particolare contesto bolognese della seconda metà del ‘900, città importantissima per la sua formazione, per la quale in più occasioni, nelle sue canzoni, ha espresso il suo incommensurabile affetto. Qui il mondo dei musicisti sembra essere molto vivace, con gli importanti esempi internazionali che frequentavano la città, con i quali già da giovanissimo Lucio ha avuto modo di collaborare, grazie al suo naturale talento per il jazz, genere decisamente in voga nella Bologna del tempo. Ha avuto modo quindi di partecipare a jam session con musicisti di alto livello, come Chet Baker e gli Yardbirds, distinguendosi per l’adattabilità di interpretare le varie sfaccettature di un genere complesso come il jazz, attraverso il dixieland, il be-bop, il cool jazz, con una spontanea, ma sapiente, capacità di suonare diversi strumenti, come il clarinetto e la fisarmonica (senza aver assimilato delle buone doti tecniche, ma il suo modo di esprimere la musica che suonava era molto efficace).

Il successo arrivò proprio con l’occasione del Festival di Sanremo del 1971 (citato precedentemente). Il cantante aveva già partecipato al Festival nel 1966 con la sua “Pafff… Bum”, in collaborazione con gli Yardbirds (che hanno vantato nella loro formazione eccellenze come Eric Clapton, Jimmy Page e Jeff Beck, tre dei chitarristi più importanti della storia della musica), ma l’apprezzamento del grande pubblico si verificò appunto nell’occasione del Festival del ’71, dove probabilmente emerse più la natura poetica, sincera, immaginifica, di un cantautore che è riuscito a riprodurre con dolcezza e semplicità le immagini della vita quotidiana, con coraggio messaggi di rilevanza sociale ed è riuscito a esprimere con talento una musica senza tempo.

Il suo potere lirico si rivelava però anche attraverso dei divertenti esempi di autoironia: la canzone ‘Disperato erotico stomp’ può offrire un’ottima prova della personalità eccentrica di un autore che è riuscito a spaziare dalle tematiche più serie a quelle più leggere, rappresentando però sempre la realtà dei sentimenti e delle relazioni umane con semplicità, schiettezza e con il sorriso.

È proprio questo “sorriso” probabilmente l’elemento più affascinante che è riuscito a trasmettere Dalla attraverso tutte le sue produzioni artistiche: la sincerità nelle rappresentazioni della vita di tutti i giorni arriva all’ascoltatore, lo travolge con la verità dei dettagli spesso riportati e lo abbraccia con quell’empatia che libera dall’imbarazzo di sentirsi soli in molte situazioni della vita quotidiana.

Tutto ciò con riferimenti alla sua vita privata e ai suoi luoghi del cuore, prendendo spesso spunto da immagini di tutti i giorni: ricordiamo ‘Piazza Grande’, divenuta ormai quasi un “inno” per la sua amata Bologna. Dalla concede la sua voce a quella di un umile clochard, che però non sembra affatto commiserare se stesso per la sua condizione, anzi, vanta la sua possibilità di dormire sull’erba, di avere tanti amici, di conoscere le sfaccettature della vita dei passanti attraverso un silenzioso e incuriosito modo di osservare, nella meravigliosa cornice della “sua casa”, Piazza Grande appunto.

In ultima analisi ci preme sottolineare la delicatezza con cui si è confrontato con la tematica amorosa. L’incapacità di parlare, con lo sbigottimento provocato dalla visione della donna amata, nella canzone ‘Cara’ ne è un buon esempio, connesso al desiderio di fuggire insieme, presente, non solo nello stesso componimento, ma anche nella famosissima ‘Anna e Marco’. Qui nella riproduzione delle consuete immagini di verità, dove si evidenziano pregi, ma anche difetti, dei due amanti, condizionati dalle loro incertezze, dall’incedere del tempo che passa, si alterna poi il desiderio di scappare insieme, di vivere d’amore, azzerando d’improvviso tutte le ansie e le problematiche di tutti i giorni, risolvendo tutto semplicemente “tenendosi per mano”.

La scomparsa di Lucio Dalla, avvenuta il 1 marzo del 2012 per un malore improvviso, mentre era a Montreux, in Svizzera, dove partecipava al Festival del Jazz, è ancora un difficile lutto da superare, una mancanza che percepiamo molto forte nel nostro paese, ma anche all’estero, per quello che era molto più di un cantante. Forse è più corretto l’utilizzo del termine artista, che racchiude maggiormente le sue sfaccettature di poeta e insieme musicista, che è riuscito a intrattenere, divertire, emozionare, commuovere e far riflettere il vasto pubblico per tantissimi anni, appassionando tutte le fasce d’età.

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